LE  NUVOLE 

 

A  NEW  YORK









Come saranno le città

 

del futuro: tra

 

intolleranza e

 

accoglienza

 

l'ONU fa il punto

 

Maria Pia De Martino e Angelo Cocozza


alle Nazioni Unite:


"utilizzare la filosofia e la poesia per riaffermare il 'Diritto alla Città', diritto alla propria comunità storica e al patrimonio simbolico comune”


Nel 2030 saremo 12 miliardi di persone e la popolazione delle città vivrà sul 4% della superficie utile del pianeta. Due dati usciti dall'incontro sulle città organizzato all' ONU dalle missioni italiana e cinese presso le Nazioni Unite. Tra paure e speranze come saranno le città del futuro

 
Incontro Leading urban transformations tenutosi all'ONU in occasione della giornata delle città mondiali

Una delle frasi più utilizzate da chi è spaventato dai due fenomeni della contemporaneità, l'immigrazione e la globalizzazione è: “ognuno a casa propria”. Bisogna però capire cosa intendano quando diciamo “casa propria”. Esiste realmente un luogo che appartiene per diritto, sangue o per altre ragioni a qualcuno, un feudo dell'identità in cui ognuno è “padrone”? Sembra proprio di no, considerando non solo la storia recente, ma anche quella passata. Gli esseri umani si sono sempre spostati da un posto all'altro per varie ragioni e continuano a farlo oggi più velocemente e facilmente di prima.

Altri due fenomeni sono centrali nell'era attuale: l'urbanizzazione veloce e la sua inevitabile crisi. Cresce la popolazione mondiale, secondo le previsioni nel 2030 raggiungerà 12 miliardi di persone, e cresce il numero delle persone che si spostano nelle città. Contemporaneamente garantire servizi e i livelli minimi di vivibilità diventa sempre più difficile.

Lo ricorda Vincenzo Scotti, più volte ministro Dc, attuale Presidente del Link Campus University di Roma. “La gran parte della popolazione del mondo, nell'immediato futuro ma già adesso, si concentrerà nelle città e su piccoli spazi di terra”.

Scotti, già ministro degli Esteri e degli Interni italiano, ha partecipato all'incontro Leading urban transformations tenutosi all'ONU in occasione della giornata delle città mondiali.

Il meeting è stato organizzato dalla Missione d'Italia e da quella della Repubblica Popolare della Cina all'ONU, dall'Istituto Americano di Architetti (AIA), dalla United Nation Alliance of Civilation e dalla United United Nations Human Settlements Programme (UN-Habitat).

“Il futuro del mondo presenta una novità grandissima: la popolazione delle città vivra sul 4% della superficie utile del pianeta. - ha aggiunto Scotti - Il rischio è che si creino aree di gabbia dove la gente sarà costretta a vivere senza avere servizi necessari perchè la citta sia a dimensione umana”.

Qual è il ruolo della persona all'interno del processo di urbanizzazione e come affrontare i processi di inclusione sociale nelle città di oggi?

“Per la prima volta nella storia la concentrazione di tante persone diverse nello stesso posto rappresenta una sfida - ha detto Thomas G. Dallessio, Director of Center Center for Resilient Design, New Jersey Institute of Tecnology - ma anche un'opportunità e viene riconosciuta l'importanza dell'inclusione, come presupposto per una miglore urbanizzazione”.

Oggi soprattutto nel vecchio continente la riduzione della popolazione locale fa crescere il peso degli immigrati, che oltre alla risorsa umana e economica che rappresentano, pongono le città di fronte a nuovi interrogativi. Come affrontare problemi già vecchi, come la distribuzione dei servizi e delle risorse o i trasporti, in una prospettiva interetnica, interculturale e interreligiosa?

“Storicamaente gli spazi urbani sono stati teatro di segregazione e separazione e focolai di violenze - spiega l'Alto Rappresentante di United Nations Alliance of Civilizations - Minoranze e migranti si sono ritrovati spesso limitati nella scelta del posto in cui risiedere e costretti a vivere in ghetti. Anche il loro uso dei trasporti pubblici è sempre stato soggetto a restrizioni. Aggiunge Al Nasser “sono sempre stati trattati come cittadini di serie b”.

Non aiuta certamente il fatto che la rappresentazione delle città sia spesso legata all'immagine della mancanza di sicurezza connessa alla figura dell'immigrato. “Il modo in cui l'immigrazione viene raccontata è molto semplificato - ha detto Giovanna dell'Orto, Professoressa della Scuola di Giornalismo e Comunicazione di Massa all'Università del Minnesota, co-autrice del libro “Reporting at the Southern Borders” sul rapporto tra comunicazione e immigrazione.

“I giornalisti ne parlano attraverso immagini di frontiera e questo riduce il problema migratorio a un problema di confine. Bisogna abbandonare questo racconto e sostituirlo con quello dei fattori strutturali, sociali, economici e politici legati all'immigrazione”.

L'Italia non è immune della trasformazione in corso, ma non la sua situazione urbana non è omogenea.

 

Vincenzo Scotti, Presidente del Link Campus University di Roma

“Ci sono grandi differenze tra area e area. - dice l'ex ministro Scotti - Abbiamo affrontato in ritardo il problema delle nuove tecnologie di comunicazione e di movimento. Nel nostro paese la città antica è rimasta il cuore, ma accanto ad esse crescono le periferie che spesso versano nell'abbandono”.

La città non è più quella di una volta. Sono venute meno le sue funzioni storiche come il dialogo, la comunicazione e l'uso degli spazi pubblici.

“La città italiana è saltata negli anni '40 e '50, quando la grande immigrazione dal Sud al Nord del paese è stato massiccia e ha creato i primi problemi di integrazione tra cittadini del Sud italia nelle città del Nord. Ora che la componente migrante è totalmente diversa come cultura e religione, i problemi sono aumentati notevolemente”.

Anche in Italia il rapporto con il diverso spesso trova proprio nella città il luogo dell'incontro/scontro e Sebastiano Cardi, Ambasciatore dell'Italia all'ONU è convinto che “l'Italia ha una tradizione di tolleranza e attenzione alla partecipazione di tutte le componenti della societa alla vita delle citta. L'Italia è all'avanguardia delle politche per rendere le città vivibili”.

Per Lance Jay Brown, Presidente dell'Istituto americano di Architetti (AIA) ad essere all'avanguardia è New York che egli considera atualmente la migliore città al mondo. “Per come è stata pianificata la città facilita la sostenibilità, è predisporsa a migliorarsi costantemente nella sua circolazione e nei suoi grandi sistemi”.

Non bastano bravi architetti e urbanisti per ridisegnare le città del futuro. Se la complessità dei problemi aumenta, cresce anche quella delle discipline che si interrogano su come si vivrà nella città del futuro. In questo senso anche la filosofia e la poesia, basti pensare alle “Città invisibili” di Italo Calvino, cominciano siedono al tavolo della discussione sulla città con la Fondazione di urbanistica “Aldo della Rocca” che ha presentato alla platea i risultati di un lungo percorso di ricerca durato 30 anni. Le conclusioni del lavoro della Fondazione saranno utilizzati da giovani under trenta che partecipano al concorso Manifesto Competition. L'obiettivo non è solo leggere la città con gli occhi dell'architetto, “ma utilizzare la filosofia e la poesia per riaffermare il 'Diritto alla Città', diritto alla propria comunità storica e al patrimonio simbolico comune”, come hanno spiegato all' ONU le due voci umanistiche della Fondazione Maria Pia De Martino e Angelo Cocozza.

È delle città come dei sogni: tutto l'immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure. (“Le città invisibili”, Italo Calvino)


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